Aggressività /Rabbia/Violenza

Incontro di gruppo sotto la guida della Psicologa Dott.ssa Alessandra Gigante

La parte descrittiva e riassuntiva della violenza che subiscono le donne è una condizione esistenziale. Esiste il “ciclo della violenza” cheè costituita da 3 fasi:

1. “Camminare sulle uova” percepire la rottura dell’equilibrio e la messa in atto di “strategie di coping” per mantenerlo, ma sensazione di stress/ansia che scoppi la rabbia del carnefice;

2. Esplosione della violenza

3. “Luna di miele” che crea una forte attrazione nella donna (ci tiene a me) e la fa ricadere nel ciclo della violenza.

Il violento utilizza la strategia dell’isolamento che rende la donna sempre più fragile; questa precarietà si fonda su diversi fattori:

Fattori Cognitivi (che impedisce di andare via)

· Isolamento da stimoli (nessuna rete)

· Incapace di abbandonare le strategie di coping consolidate

· Valutazioni delle conseguenze che risultano peggiori della situazione attuale

· Mantenimento della situazione disfunzionale nel tentativo di proteggere i figli e sé stessa pensando a conseguenze peggiori nella vita da sola

· Sensazioni di essere parzialmente responsabile di abuso (senso di colpa)

Fattori Emotivi (dipendenza)

· Dipendenza emotiva (sottomissione)

· Timori di ritorsioni

  • Senso di colpa
  • Apatia e trauma (anestesia come mezzo di difesa)
  • Senso di impotenza: a) dipendenza emotiva; b) dipendenza economica
  • Speranza di cambiare il comportamento del partner
  • Timori di eventuali situazioni sconosciute e meno controllabili (strategie di coping)

Fattori di ordine pratico

  • Dipendenza economica
  • Minacce del partner
  • Presenza figli e difficoltà di mantenimento
  • Non disponibilità di alloggio alternativo

Fattori psicosociali

  • Paura del giudizio altrui
  • Timore di abbandono sociale (esclusione dal gruppo di appartenenza)
  • Timore di non essere creduta
  • Adesione a stereotipi di ruolo (modelli: moglie obbediente, marito padrone)
  • Adesione a stereotipi di genere (pazienza e disponibile abnegazione come qualità ideali della donna)
  • Credenze familiari (rappresentazione sociale della famiglia come inscindibile, unita vincolo coniugale)

Alcune spiegazioni: contrapposizione fra paura /paralisi/impossibilità di muoversi fisicamente e psicologicamente, senso di impossibilità della donna contrapposto al movimento = evoluzione

Di seguito alla violenza la mente è irreparabilmente danneggiata dalle costanti minacce; la donna non è più consapevole delle proprie risorse, manca di conflitto interno; c’è confusione , vergogna (sull’idea della coppia ideale – senso di colpa – autoriferimento fallimento della coppia) solitudine e perdita di autostima (seguito da disturbi somatici); apatia/conestesia (meccanismo di difesa di equilibrio e compenso che sono emozioni adattive; amputazione e confusione; sintomi dissociativi [moglie, madre, donna]. La conseguenza della vergogna è il ritiro sociale; il dolore deriva dalla perdita del proprio punto di vista [tutti viene visto dal punto di vista del carnefice. [video] ampio dibattito e break.

Dall’incontro a cui io ho partecipato ho condiviso con le altre parti due episodi della mia vita: il primo quando ero già adulta e il secondo da bambina.

Ho raccontato al gruppo l’episodio in cui mi sono fatta violenza per entrare nel ruolo di moglie infatti mi sono accorta che il mio compagno/fidanzato aveva un canone di donna a cui mi sono adeguata volontariamente per intraprendere il cammino con lui ripetendomi che dovevo risultare la copia identica della donna che lui voleva per permettergli di decidersi a fare il “grande passo” (matrimonio) vista la sua indecisione manifestata a una settimana dal giorno fatidico.

Nel secondo episodio ho rammentato a me e agli altri la violenza che ho subìto come donna (psicologica, materiale e, alla fine, anche di maltrattamenti fisici) nella coppia dopo un periodo di convivenza di 12/13 anni di matrimonio proprio perché il canone di rispecchio era saltato e volevo liberarmi della corazza che mi ero costruita, ma che mi stava stretta.

La rabbia. Qualcosa che ci fa paura e tendiamo a viverla come un problema. La sentiamo troppo, non la sentiamo affatto, la manifestiamo troppo, non la manifestiamo affatto... E nel perderci in questo groviglio di considerazioni non ci accorgiamo di avere un'enorme energia vitale a nostra disposizione che non usiamo a nostro vantaggio. Questo corso intende fornire strumenti pratici per aiutarci a trasformare la nostra rabbia nella migliore energia-amica.

Programma
- Conoscere la propria rabbia
- Il gioco dei disegni e la visualizzazione
- La creazione della maschera
- Il movimento della rabbia
- Il gioco delle maschere
- Il racconto della trasformazione
- L'animale di potere
- La danza e il corpo: la trance dance, il gioco dei mandala, personaggio arrabbiato
- Creare attraverso le immagini la forza ed il coraggio dalla tua rabbia

Io personalmente ho fatto di seguito a questo seminario uno studio personale sulla rabbia da un testo di Goleman/Dalai Lama sulle “Emozioni distruttive” che tratta come intraprendere un percorso che permette di trasformare la rabbia in energia amica (come diceva la Psicologa della Rebis nel seminario ).

Definizione di “empatia” = riconoscere la comunanza fra sé e gli altri.

Il saggio da me estrapolato comincia con un excursus storico della Filosofia occidentale che riconosce alla’Etica, cioè alla vita morale, la presenza di emozioni che vengono definite “virtuose” ovvero adeguate e positive; le emozioni di questo tipo sono le seguenti: rabbia, disprezzo, indignazione, paura, felicità, tristezza, amore, amicizia, perdono, gratitudine, rimpianto, vergogna-colpa, compassione.

Tale assunto si basa sul presupposto scientifico evoluzionista (Darwin) secondo cui tali emozioni servono all’evoluzione della vita dell’uomo come animale sociale e sono quelle a cui si fa ricorso per strutturare la vita sociale. [Manca dunque il riferimento al perfezionamento dell’interiorità individuale].

Al posto dell’interiorità individuale c’è invece attenzione all’io, al proprio valore e all’autostima; la felicità, cioè lo stato di calma assoluta dell’essere è l’obiettivo della vita (ma ci sono diversi tipi di felicità) [Platone]. Proprio Platone ha dato inizio alla cultura occidentale costituita sulla contrapposizione fra ragione ed emozione in cui la ragione ha il sopravvento sull’emozione che deve essere dominata. Aristotele invece mette in atto la teoria del giusto mezzo secondo la quale bisogna cercare l’equilibrio fra ragione ed emozione.

Sulla base di queste idee si può fare una distinzione fra Stati mentali costruttivi e distruttivi; al primo tipo appartengono: il rispetto di sé, l’autostima, il sentimento di integrità, compassione, benevolenza, generosità, vedere il vero/il buono/il giusto, amore, amicizia, + la fiducia in sé e l’umiltà. Gli stati mentali distruttivi sono: bassa autostima, eccessiva fiducia di sé, coltivare emozioni negative, gelosia e invidia, mancanza di compassione (empatia), incapacità di tessere rapporti interpersonali profondi.

Il buddismo indica ogni emozione distruttiva come uno “iato” - favola dello Yeti e delle marmotte.

Il passo successivo dopo aver classificato le emozioni è indicare come liberarsi di quelle distruttive che impediscono alla mente di riconoscere la realtà e compromettono la capacità di giudizio e una corretta valutazione della natura delle cose infatti “oscurano” la vista, si dice normalmente.

L’Io è fluido, è in continuo cambiamento effettivo durante tutto l’arco della vita, ma si verifica l’”attaccamento all’ego” per costituire l’identità cioè c’è un legame profondo innato con un’identità immutabile che è al centro dell’essere e definisce l’individualità che è però vulnerabile ed ha dunque bisogno di protezione e compiacimento. Infatti si mettono in atto due meccanismi: a) lavversione per tutto ciò che minaccia l’identità; b) l’attrazione per ciò che la rassicura, le piace. Perciò la persona si arrabbia quando è attaccata nell’io e le emozioni negative non sono innate, ma intermittenti, cioè si manifestano in determinate circostanze.

Buddismo = 3 livelli di coscienza; quello luminoso è la consapevolezza e la libertà da emozioni negative; anche gli antidoti sono 3 (favola degli antidoti per liberarsi delle emozioni negative; motto della chiave [strumento per aprire, non importa di che materiale è fatto importante è aprire – ogni chiave è adatta e chi apre.

Per poter risolvere questo problema bisogna liberarsi/affrontare le emozioni negative nel momento in cui insorgono come??? = domandarsi se la rabbia ha una forma, un luogo, un colore, ecc. fino a scoprire che la sua materia intrinseca è il vuoto; bisogna prendere l’abitudine di seguire la procedura (vedi pagg. 110/111/112 e 129/130).

Es. bambino di sette anni che in America ha ucciso una sua compagna sparandole con una pistola perché influenzato dai cartoni animati e l’assunzione di modelli di violenza ed esposizione massiccia ad essi sin dall’infanzia. (statistiche).

MUTUALITA’

Dopo il break si incomincia a parlare di mutualità che si è perso nel mondo occidentale dove viene sottolineata l’onnipotenza individuale, ma abbiamo necessità di sapere dove andare. Un elemento essenziale è filtrare usare l’aggressività movimento; violenza = è la sostanza della cultura maschile mentre ascoltare è calarsi nel mondo di chi si ascolta; fare gruppo, capire, e colludere; empatia come distacco partecipato.

Obiettivi dei gruppi self help:

  • Informare
  • Trasmettere metodi
  • Favorire il cambiamento
  • Favorire verifiche
  • Scambiare esperienze e saperi
  • Trascorrere momenti insieme in amicizia (alla pari per conoscersi)

E’ un approccio non terapeutico e non tradizionale è solo un’occasione per riflettere, condividere, fare mutualità. Chi può essere coinvolto nei gruppi di self help ???: le persone con disturbi o problemi; i familiari, gli operatori dei servizi, i cittadini al fine di pensare assieme cose nuove. Anche perché i cittadini sono insoddisfatti dei Servizi, gli Operatori sono frustrati e non protagonisti, i familiari fanno la guerra ai Servizi, gli Utenti non sono protagonisti e responsabili.

Cos’è la mutualità ???

  • Ridare responsabilità
  • Mettere a disposizione esperienza
  • Vedere risorse e non problemi
  • Credere nel cambiamento (cominciando a cambiare da noi per prima)
  • Il tempo è alleato e non nemico (porta cambiamento)
  • Favorire l’umanizzazione dei Servizi
  • Favorire collaborazione (coi Servizi)

Chiavi

Responsabilità, protagonismo, corresponsabilità, famiglia come risorsa, cambiamento, fiducia, ottimismo, esperienza, soluzione dei problemi, semplicità, umanità.

Mutualità come occasione per la cittadinanza per fare assieme conversazione, ovvietà che purtroppo non viene considerata dagli Operatori per la paura di perdita del ruolo; costruirsi una corazza; critiche dei familiari equivoci della buona/cattiva fede; muri di Berlino; il mare fra il dire e il fare. Mutualità è credere nel sapere di tutti: tutti esperti, tutti con risorse; riconoscere il sapere dell’altro e ciò porta alla fine ad essere più sapienti; promuovere la cultura della salute nella propria comunità; no delega di cambiamento; riscoperta della responsabilità; aiutare a ritrovare rispetto, miglioramento e guarigione; pensare che qualcosa di straordinario sia possibile e che la diversità è un valore. Mutualità è fare con e non per ; insieme è meglio; importanza del dialogo per aiutare sé stessi; messa in atto del processo della relazionalità.

Mutualità = costruire una rete in cui le persone sono i nodi relazionali con la molla del cambiamento.

Cenni storici dei gruppi di self help:

‘900 : nascono i gruppi di supporto ai Servizi

1935: nasce la figura del facilitatore messo a disposizione dal Servizio nel Piano Sanitario (in Italia i gruppi Alcolisti Fideistici)

Professore Udolin all’estero forma gruppi di supporto ai Servizi

OMS considera i gruppi di auto mutuo aiuto una risorsa

Legge 328 del 2000 porta chiari riferimenti ai gruppi AMA

Indici : a) QRI ovvero Qualità dei Rapporti Interpersonali; b) NSU/AMQ Indice del numero di sorrisi per abitanti per metro quadrato (il Club degli alcolisti parte dalla comunità.

Il gruppo è una pratica tipica della specie umana circa la relazionalità degli esseri appartenenti alla specie; i gruppi AMA danno equilibrio fra sicurezza e libertà.

I gruppi sono formati da 5 – 12 persone oppure da 5/10 famiglie secondo l’accesso della libera scelta; si fonda sulla presenza dei tre capitali : a) umano (competenza); b) materiale (soldi); c) sociale ovvero fiducia nelle regole e nello stare insieme; il gruppo ha le seguenti caratteristiche:

  • Gli appartenenti al gruppo sono soci/membri e non pazienti/utenti
  • Condividono un problema (hanno un motivo da condividere)
  • Hanno un comportamento da dividere (sede, ora, regolare la discussione, la riservatezza, ecc.)
  • Sono di sostegno reciproco per un percorso di cambiamento
  • Miglioramento della qualità della vita (benessere) (occuparsi della parte sana; trovare equilibrio fra sano/malato)
  • Libertà di scelta dell’individuo (relazioni umane)
  • Raccontarsi fa bene alla salute
  • Instaurare una gratuita parità
  • Essere protagonisti e portare esperienza
  • Libertà e apertura

Le persone devono potersi

  • Integrare fra loro
  • Parlare di sé
  • Ci deve essere un clima positivo e costruttivo
  • Non si deve rinvangare il passato, ma si parla solo di presente e futuro
  • Il gruppo è aperto alla Comunità di appartenenza

FACILITATORE

E’ il promotore non titolato che aggrega le 12 persone; è professionale ma ha qualità umane; non dà consigli, non dà soluzioni , ma regola il flusso della comunicazione; non è un terapeuta. Meno parla meglio è ed è meglio non mitizzare la figura; inoltre:

  • Crede che nelle persone ci siano risorse
  • Crede che tutti possono cambiare
  • Considera il tempo una risorsa
  • È la presenza catalitica (è il catalizzatore)
  • Non dirige, non travalica, non gestisce
  • Ha come obiettivo il cambiamento del comportamento

Il conduttore è diverso dal facilitatore; se c’è un disturbatore nel gruppo è il gruppo stesso che interviene (il gruppo sa fare da sé) e la persona se ne va da solo.

Il facilitatore dichiara di voler formare un gruppo e poi un membro del gruppo trova la sede (no medicalizzazione).